Sinopsis
Nelle opere di Emilio De Marchi c’è l’espressione di un pessimismo di fondo sulla condizione umana. Esso fa capo alla constatazione che i “giusti”, vale a dire gli esseri semplici, socialmente sensibili e altruisti, soffrono in un mondo che, dominato dall’avidità di denaro, privilegia l’intraprendenza, la furbizia e l’egoismo.
Demetrio Pianelli è un travet, costretto dal nuovo ruolo acquisito di colletto bianco - al di sotto del quale preme un’incoercibile nostalgia della campagna - a partecipare alla farsa di una fittizia armonia sociale: al tentativo del potere, che esprime gli interessi della classe industriale e agraria, di cooptare la nascente piccola borghesia impiegatizia.
Egli è il più classico dei travet strappati alla terra, il cui stipendio gli consente appena di sopravvivere stentatamente e che va avanti per forza d’inerzia in una condizione di isolamento rispetto ad un tessuto urbano che gli è estraneo.
Demetrio Pianelli è, insomma, un “perdente” ma, oltre ad assumersi eroicamente una grande responsabilità morale, ha il suo momento di gloria. De Marchi, infatti, gli concede un soprassalto di dignità e un rigurgito “rivoluzionario”. E glielo concede in nome di «qualche cosa o qualcheduno dentro di lui, che aveva bisogno di uscire come il diavolo dal corpo di un ossesso».
La raccolta comprende, oltre a “Demetrio Pianelli”, “Arabella” e “Giacomo l’idealista”.